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Altri e Diversi

Cari concittadini,

vi scrivo perché oggi per me, scrivere è diventata una necessità, non sento il desiderio ma la necessità di scrivere a voi.

Ogni giorno ascolto storie che riguardano persone che si trovano nella nostra città, nella nostra terra. E oggi ho davvero il bisogno di dialogare con voi. Dovrei forse vergognarmi? Di chi è la colpa? Di cosa, hanno colpa? Da tempo ascolto il mio silenzio e ascolto le parole degli altri e quando provo ad esprimermi, mi viene a mancare il verbo, i pensieri e le parole rimangono sospese nella mia testa.

Quindi oggi, io vi scrivo. Abbiamo avuto un esodo in tempi recenti. Non abbiamo forse imparato che cosa vuol dire soffrire, piangere, avere paura? Vivevamo nel terrore per i nostri padri, dei nostri figli e fratelli. Ricordate, la nostra vita dipendeva dagli aiuti umanitari e nessuno di noi, si chiedeva mai, chi mandasse il materiale o quale fosse la data di scadenza. Scappavamo, ci nascondevamo e cercavamo rifugio in altri Stati. Portavamo forse i passaporti? I nostri beni? Guidavamo forse la nostra macchina? E ora noi, li incolpiamo e ci stupiamo che hanno i telefoni, le scarpe alla moda o i giubbotti. Ci stupiamo se li vediamo ridere se li vediamo vivi. Che strano! Respirano, mangiano, camminano. Sapete che cosa hanno dentro questi telefoni? Hanno la loro madre, il loro padre, il fratello, la patria e la loro città distrutta. Secondo voi, non ne hanno il diritto? Non hanno il diritto di sentire la voce della vecchia madre, del padre stanco o della miglior sorella al mondo? Che cosa significa per loro aver la foto dei propri cari e della città nella quale sono nati e che ora è distrutta? Sapete cosa sono quei ricordi? sono i loro sogni distrutti.

Forse hanno perso il diritto di sognare, Di desiderare.

Oppure voi temete che possano sognare i vostri stessi sogni di un futuro migliore? Potevano rimanere per combattere contro la guerra, l’oppressione e lo sterminio. Potevano, ma non l’hanno fatto. E così, sono arrivati da noi che siamo poveri, siamo poveri perché abbiamo appena vissuto gli orrori della guerra. Tutti i nostri figli portavano il fucile, alcuni di loro, oggi rivendicano la terra come loro, altri li piangiamo ancora. Altri ancora, che allora non l’hanno difesa la nostra terra, oggi parlano e parlano a tono alto. A loro i profughi danno fastidio perché sono persone scappate dalla guerra. Voglio provare a cercare le somiglianze, voglio provare ad accomunare noi e loro, per trovare le differenze. I nostri hanno attraversato il fiume Glina, si sono bagnati piedi e hanno trovato una vita migliore. Gli altri, hanno attraversato il mare, l’oceano e sono sopravvissuti per miracolo. I nostri sono in Austria e in Germania, loro invece in Bosnia. I nostri hanno diritto ad una vita degna e gli altri ad una vita nel fango della palude di Kladusa. Un campo fatto di niente, che si allaga, che non protegge dal caldo o dal freddo e a voi sembra un regalo, come fosse una vincita della lotteria. Ma questo è quello che hanno chiesto e questo gli abbiamo concesso a gran cuore. Ma chi ci inquina? Loro o l’Europa che per alcuni è madre e per altri matrigna?

Cari concittadini, Resistiamo alla retorica disumana, agitatrice e negativa. Abbiamo buon cuore. Guardiamo i nostri figli. Quando sono cattivi per noi sono buoni, perché sono nostri. Gli altri, quando sono i migliori, sono i peggiori perché non sono nostri, sono feccia e marmaglia? Noi abbiamo partorito i primi, loro sono stati partoriti da altre donne di carnagione più scura. Chiedetevi se hanno un’anima se sono esseri umani? Se le loro madri piangono diversamente? Se amano i loro figli diversamente? Che sapore hanno le loro lacrime? Che odore ha il loro sangue? La loro morte ha un’oscurità diversa? Oggi ho ascoltato il messaggio di una madre:” Figlio, era in questo giorno che ti ho abbracciato, baciato e salutato per l’ultima volta.”, le lacrime del figlio scorrono sul suo volto mentre mi fa ascoltare il messaggio. Il volto del ragazzo è segnato dalla tristezza, dolore, sofferenza e dal desiderio di abbracciare e di rincuorare la madre. Quando salutiamo i figli gli diciamo:” Stai attento figliolo e fatti sentire quando arrivi. Ti voglio bene. Vestiti bene per non ammalarti.” Noi madri abbiamo questo diritto. E io, mentre mi impietrisco e pulisco le lacrime di questo ragazzo, sento il mio cuore che smette di battere: “ O Signore, quanti bambini e quante madri piangono questa notte?” Mi vergogno, perché non zittisco tutti quelli che sputano sulla dignità umana, mi vergogno, perché dormo di sasso, mi vergogno, perché non sono né sorda né cieca. Mi vergogno perchè oggi riesco a pulire lacrime di un solo ragazzo. E mi chiedo se sono davvero una madre o piuttosto la serva di un ordine mondiale malato, che si arricchisce sul sangue, sulle lacrime e sul sudore dei nostri figli.

Che razza di madre sono se sto zitta quando nel ristorante a mio figlio viene servito il caffè in una bella tazza e a loro in un bicchiere di plastica? Che razza di madre sono se questo mi lascia indifferente? Ci danno fastidio le nostre ragazze poco vestite, ci danno fastidio le nostre ragazze con il velo, i nostri ricchi e i nostri poveri. Che strano, ci danno fastidio tutti. I nostri e i loro, gli altri e i diversi. La verità è che qui in Bosnia c’è di tutto: musulmani, cristiani, tossicodipendenti e huligan, alcuni sono rifugiati altri bosniaci. Fra i rifugiati come tra noi, ci sono persone istruite, oneste, desiderose di imparare, di lavorare. E desiderose di dignità. E noi che cosa facciamo? Appoggiamo il fascismo marchiandoli come altri e diversi. Gli legheremo i nastri bianchi perché sono altri e diversi? Non inganniamoci davanti alla cruda realtà. Smettiamola di sputare sui nostri vicini, sugli altri e sui diversi.

Ti ringrazio professore incontrato nella vecchia stazione degli autobus, grazie anche a te Osman, Muhamed, Ibro, Zekor, Nadela, Salah, Sabit, Enver, Fudo perché siete altri e diversi. Grazie anche a te piccolo Abdo perché la Bosnia è nel tuo cuore più della Germania. Grazie per avermi dimostrato che noi siamo gli altri e i diversi. Grazie anche ai miei concittadini, un grande grazie. Grazie Dio di averci fatto diversi.