Ci occupiamo di realizzare azioni di monitoraggio e inchieste sociali per comprendere meglio i problemi derivanti dall’interazione tra società d’accoglienza e migranti, ma soprattutto per intervenire in mondi privi o privati di parola, in situazioni di marginalità, di disagio e di fragilità democratica.
Siamo convinti che qualsiasi intervento concreto abbia bisogno di momenti di riflessione e studio e pensiamo che non si possa pretendere di cambiare la realtà senza prima descriverla o interrogarla.
La stretta relazione tra ricerca e azione ci induce a usare, in tempi brevi, diversi metodi di indagine: raccolta di testimonianze, divulgazione dei dati raccolti, organizzazione di eventi pubblici e di pratiche partecipative. Ogni tipo di ricerca è necessariamente un intervento che mette in relazione diretta diversi soggetti, diverse persone in carne e ossa. Di conseguenza, non escludiamo la partecipazione di nessuno: siamo operatori e attivisti, ma anche richiedenti e titolari di protezione internazionale. Le nostre sensibilità e i nostri approcci sono interdisciplinari e la ricerca è una vera azione politica, uno spazio per valutare meglio i problemi e ipotizzare, assieme ai diretti interessati, gli strumenti per affrontarli.
Il progetto Spazi di parola
Spazi di parola nasce dall’esigenza di avvicinare i richiedenti asilo alla città di Udine, fornendo loro uno spazio di espressione.
Abbiamo constatato che delle migrazioni si parla ogni giorno, sempre di più: sui giornali, in televisione, sulla rete, nelle relazioni di vicinato; ma il discorso pubblico sulla migrazione non parla né ai nuovi ospiti né con i nuovi ospiti. La conseguenza è un dibattito sterile, etnocentrico e strumentale e il rischio è quello di confrontarsi esclusivamente su un certo tipo problemi, visioni e bisogni. Abbiamo quindi realizzato una cassetta della posta destinata a diventare per i richiedenti asilo uno spazio concreto di interazione con la città. Nella cassetta i ragazzi possono inserire messaggi scritti – in italiano, inglese, dari, urdu e pashtu – ma anche fotografie, disegni e ogni cosa possa essere storia di vita, narrazione, domanda, considerazione o semplice riflessione. Mantenere questa molteplicità di linguaggi è sinonimo di ricchezza: l’obiettivo è quello di costruire uno spazio pubblico in cui tutte le voci possano emergere.